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  • Immagine del redattore: Paola Foggetti
    Paola Foggetti
  • 5 ago 2020
  • Tempo di lettura: 3 min

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Da sempre l'attività onirica ha interessato poeti, filosofi e scienziati. Il fascino del mondo dei sogni, con i suoi misteri, attrae culture e discipline diverse. Da un punto di neuropsicofisiologico l'attività onirica, specifica del sonno REM, riguarda quella fase del sonno, generalmente rappresentata nella seconda parte della notte, in cui si presenta una quasi completa perdita di tono della muscolatura volontaria e durante la quale si verifica l’attività onirica più intensa. Oggi sappiamo che la funzione dei sogni è proprio quella di elaborare le emozioni, le situazioni complesse, gli eventi negativi, le preoccupazioni e i ricordi per ognuno di noi significativi. Il sogno, quindi, agisce come una terapia notturna. Questa primavera ci siamo trovati a vivere un'esperienza unica per la nostra epoca, la pandemia della SARS-CoVid-2. Gli effetti di questa malattia sono stati, per molti pazienti, drammatici. Inoltre la paura di infettarsi e la difficoltà a gestire il lockdown hanno alterato in molte persone alcuni sistemi biologici. Tra questi il ciclo sonno veglia è stato particolarmente colpito e si sono presentati maggiori disturbi del sonno. Studi neuropsicologici evidenziano, da anni, che durante la fase REM, il nostro cervello si attiva al fine di gestire le emozioni intense, soprattutto quelle negative.

Recenti studi internazionali hanno evidenziato dutante e dopo il lockdown un aumento significativo dei disturbi del sonno (definite Parasonnie) in fase REM, quei disturbi del sonno maggiormente presenti anche negli stati post traumatici. https://link.springer.com/article/10.1007/s00415-020-10056-6

https://www.nationalgeographic.com/science/2020/04/coronavirus-pandemic-is-giving-people-vivid-unusual-dreams-here-is-why/ https://www.kcl.ac.uk/news/the-three-groups-reacting-to-life-under-lockdown https://rebecca-renner.com/ In breve, le Parasonnie del sonno REM sono : A) Il Disturbo Comportamentale in Sonno REM (REM SLEEP BEHAVIOR DISORDER – RBD) si contraddistingue per la perdita della fisiologica atonia muscolare. Per tale motivo, durante gli episodi, che si verificano più frequentemente nella seconda parte della notte, le persone presentano una eccessiva attività motoria, spesso caratterizzata da comportamenti bruschi (come urlare, tirare pugni e calci), in rapporto al contenuto dei loro sogni, i quali vengono riferiti, generalmente, a contenuto negativo; B) La Paralisi del Sonno. Durante questo disturbo, le persone, nonostante rimangano coscienti, hanno la percezione di non potersi muovere. Gli episodi si possono verificare durante la fase di addormentamento (“paralisi ipnagogiche”) o in seguito ad un risveglio (“paralisi ipnopompiche”). Possono essere accompagnate da allucinazioni uditive o visive e possono durare da pochi secondi a parecchi minuti, causando spesso intensa ansia nel soggetto che le vive; C) Gli Incubi Notturni . Consistono in sogni paurosi, a contenuto negativo, spesso di lunga durata; frequentemente tali sogni inducono il risveglio del soggetto che ne mantiene un vivido ricordo. Sono frequenti nei bambini oppure nei pazienti con “disturbo post-traumatico da stress”. Possono essere favoriti dalla febbre oppure dalla brusca sospensione di alcol o di farmaci che riducono il sonno REM. Da uno studio osservazionale della mia esperienza clinica on line, durante il lockdown il 30% dei pz (9 pazienti su 30) età media 32 anni, hanno presentato: - alterazioni del ciclo sonno veglia - aumento dell'attività motoria durante il sonno nella fase REM (Disturbo Comportamentale del sonno REM) - mentre il 10% ha avuto un maggior numero di episodi di sonnambulismo (non dovuti agli effetti collaterali di farmaci psicotropi).

Le evidenze cliniche e altre, che riguardano la popolazione generale, stanno confermando che la maggior parte delle persone durante l'emergenza Coronavirus ha sofferto di disturbi del sonno e anche la ripresa di un buon sonno, dopo il lockdown, non è stata facile

  • Immagine del redattore: Paola Foggetti
    Paola Foggetti
  • 26 ago 2018
  • Tempo di lettura: 2 min

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"Mentre cammini alza lo sguardo e osserva quello che vedi intorno a te: persone, case, palazzi, alberi, animali ...

poni attenzione ai colori e prova a ricordarli

Appunta tutto quello che vedi, forse scoprirai qualcosa "

"E se non vedo nulla?"

"Allora inventa"

...

L'indicazione di compiere dei movimenti del corpo, e nello specifico, di riattivare la motricità oculare, può favorire, in persone che soffrono di una profonda tristezza, sono abuliche, o sono scoraggiate, la comparsa di pensieri positivi, aperti alla speranza di una motivazione personale.

Tuttavia non è così semplice, i meccanismi che ne sono alla base possono essere letti sul piano neuropsicofisiologico e secondo la teoria dei sistemi motivazionali interpersonali (Liotti, 1991-2017).

Lo sguardo è il primo processo cognitivo ed emozionale (Ruggieri, 1987-2013), e già nella prima infanzia rappresenta un pattern mimico-espressivo attraverso il quale il bambino si pone nell'interazione con l'altro e con l'ambiente (Aringolo, Foggetti 2009).

Da un punto di vista psicofisiologico (Ruggieri, 1987-2013), la motilità dello sguardo coinvolge tutta la muscolatura fronto-oculare e peri-oculare e il conseguente orientamento dello sguardo e la "messa a fuoco" indicano diverse modalità attentive: in uno sguardo "rilassato" l'attenzione è fluttuante, lo sguardo "perso" può indicare un'assenza parziale di attenzione, o ancora in uno sguardo "fisso" l'attenzione è focalizzata verso contenuti interni o esterni, ma in questo caso i pensieri e le immagini sono fortemente selettivi e non permettono di notare altro, e così via.

Una condizione psicopatologica la possiamo osservare quando tutte le dimensioni attentive, in un tempo sufficientemente lungo, risultano iper o ipoattivate, in modo da "cristallizzare" la visione che abbiamo di noi stessi e del mondo.

Per esempio, nella sofferenza depressiva, propriamente detta, talvolta la persona ha grandi difficoltà di movimento, lo sguardo è "spento", senza nessun accenno di ricerca visiva ed i pensieri rimangono cristallizzati in un aurea negativa. E' forte il senso di sconfitta, di incapacità personali, e domina il senso di sottomissione nei confronti delle negatività delle vita, quindi senza speranza per il futuro. Lo sguardo delle persone depresse è focalizzato verso i propri contenuti interni, che sono spesso di fallimento, di perdita, di deprivazione affettiva e di abbandoni.

In un approccio integrato mente corpo, mobilitare lo sguardo verso un presente osservabile e desiderabile può rappresentare un progetto psicoterapeutico da percorrere insieme.

  • Immagine del redattore: Paola Foggetti
    Paola Foggetti
  • 8 ago 2018
  • Tempo di lettura: 1 min

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Fobia del buio. Anche gli adulti possono avere paura del buio.

Le cause, o motivazioni, possono essere diverse. Importante tener presente i diversi contesti percettivi: se abbiamo paura del buio totale, il buio pesto, come si dice, la reazione psicofisiologica è di tipo primordiale: non vediamo nulla, non possiamo difenderci, quindi abbiamo paura perché siamo totalmente vulnerabili. Ci troviamo in uno stato di parziale deprivazione sensoriale, che immediatamente attiva dei segnali di allarme. Se in quel momento riusciamo a razionalizzare, a fare un'analisi del contesto e a riflettere, in pochi istanti troviamo una soluzione per tornare alla luce. I restanti sensi si acuiscono per aiutarci ad muoverci e ad orientarci in mancanza di visibilità. Ma in questo caso non si può certamente parlare di Acluofobia.

La fobia del buio si presenta, invece, quando la persona ha una reazione ansiosa acuta e violenta se esposta al buio anche solo parziale, la sintomatologia è ampia e pervasiva: tachicardia, senso di soffocamento, paura di morire o di impazzire, agitazione motoria o irrigidimento muscolare, etc. In alcuni casi si possono aggiungere sintomi dissociativi o dispercettivi, come sentirsi estraniati dal proprio corpo, formicolii, ma anche illusioni ottiche, come intravedere immagini terrifiche o immaginare di sentire voci spaventanti (questi sintomi non vanno confusi con le allucinazioni vere e proprie uditive o visive).

Le persone che, in età adulta soffrono di Acluofobia, nella maggior parte dei casi, ne hanno sofferto fin dall'infanzia. Le cause possono riferirsi ad una predisposizione temperamentale e/o ad una mancata risoluzione di problematiche di tipo ansioso o traumatico.

Non abbiamo paura di far luce sulle nostre angosce ed emozioni inespresse, lasciamoci aiutare.


foto by paola foggetti

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