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  • Immagine del redattorePaola Foggetti

La terapia cognitivo-comportamentale contribuisce a migliorare la IBS


Questo interessante e recente studio mette in risalto le note connessioni tra l'asse intestino-cervello. Nello specifico i ricercatori osservano come la CBT (la terapia cognitivo comportamentale) contribuisca ad alleviare l'infiammazione dell'intestino riducendo la gravità dei sintomi dell'IBS (Sindrome dell'intestino irritabile), una patologia molto diffusa nella popolazione generale.

Il legame tra il microbioma intestinale e il cervello è molto stretto, alcune ricerche mostrano che la maggior parte dei batteri che si trovano nel cervello sono di filogenesi intestinale e possono influire sugli stati umorali dell'individuo.

Questo studio randomizzato è andato a vedere, dunque, se i parametri basali del microbioma cerebrale e intestinale possono predire la risposta alla CBT e se questa può essere associata a cambiamenti nell'asse cervello-intestino-microbioma (BGM).

La sindrome dell'intestino irritabile (IBS) è un disturbo comune delle interazioni cervello-intestino, i sintomi sono: dolore addominale ricorrente associato a abitudini intestinali alterate in assenza di qualsiasi patologia gastrointestinale vera e propria.

Molteplici evidenze scientifiche mostrano la presenza di alterazioni anatomiche e funzionali della connettività nelle reti cerebrali nei pazienti con IBS correlate all'eccitazione emotiva, alla valutazione della salienza, alla funzione sensomotoria e del tronco cerebrale; nonché un'associazione di specifiche alterazioni microbiche intestinali con differenze nei volumi di materia grigia delle regioni sensoriali e legate alla salienza.

La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) è un efficace intervento psicoterapeutico rivolto alla cura dei disturbi d'ansia, dell'umore e stress correlati, che interviene sui coping disfunzionali, sulla preoccupazione intensa come idee catastrofiche, errore di previsione e ipervigilanza; ovvero su tutti quegli aspetti cognitivi, emotivi e metacognitivi, disfunzionali che determinano un'attivazione ipertrofica dell'asse dello stress.; tutti quei fattori neuropsicofisiologici noti per esacerbare i sintomi della IBS.

Nella misura in cui la CBT induce un cambiamento sintomatico attraverso percorsi psicobiologici, i ricercatori hanno ipotizzato che ciò avvenga modulando principalmente la componente cerebrale dell'asse BGM, anche se l'effetto di questi cambiamenti centrali sul resto dell'asse BGM e sul miglioramento dei sintomi non sono ancora molto chiari. Inoltre i ricercatori hanno ipotizzato che i segnali microbici al cervello sotto forma di metaboliti neuroattivi, tra cui acidi grassi a catena corta e serotonina, potrebbero modulare la reattività agli effetti biologici della CBT .

Questa ricerca dimostra per la prima volta, che un trattamento breve psicoterapeutico, non farmacologico e non dietetico, CBT, può modulare e rielaborare schemi psicoaffettivi disfunzionali, e di conseguenza regolare le interazioni dell'asse cervello-intestino-microbioma nei pazienti con IBS. Sembrerebbe, inoltre, che la probabilità di risposta al trattamento potrebbe essere prevista dalla composizione basale del microbiota, aumentando la possibilità che i pazienti con IBS, che hanno risposto alla CBT, possano essere identificati nella pratica clinica utilizzando biomarcatori microbici.

I cambiamenti osservati nel cervello, nei microbi intestinali e nei sintomi, dei pazienti che hanno risposto alla CBT, supportano il ruolo delle alterazioni nell'asse cervello-intestino-microbioma nell'IBS evidenziando una coerenza dell'importante influenza delle funzioni mentali sul microbioma intestinale in modo bidirezionale.

Lo studio è veramente molto interessante e ben eseguito. Per chi fosse interessato a leggere l'articolo integrale può cliccare il link in didascalia alla figura.

La ricerca successiva potrà dirigersi verso studi più ampi al fine di identificare i correlati funzionali dei cambiamenti microbici intestinali dei pazienti con IBS per i quali le psicoterapie integrate mente corpo, combinate anche con adeguate cure nutraceutiche, siano più efficaci.



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