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  • Immagine del redattore: Paola Foggetti
    Paola Foggetti
  • 5 feb 2019
  • Tempo di lettura: 1 min

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Ci sono storie inenarrabili e non sempre sono cruente, anche se a volte lo sono.

Sono inenarrabili perché non esistono parole per descriverle.

Ci sono immagini o frammenti di immagini.

Anche gli odori risultano sconosciuti, si mescolano a immagini sfocate, senza contorni.

Quando niente di tutto questo non avresti mai potuto aspettarti.

Ci sono suoni che nessun pentagramma potrebbe mai riprodurre, nessuno strumento suonare, esistono solo nei tuoi ricordi, e appartengono a storie inenarrabili.

Allora non sai come raccontare, come spiegare quello che senti, anche le emozioni risultano vuote…

"Vorrei poter proiettare immagini, sensazioni fisiche, odori e suoni su uno strumento ancora inesistente che possa decodificare la mia mente e liberare la mia anima”.
(Paola Foggetti, in stampa)

In psicoterapia, ho sempre sostenuto che il lavoro sulle capacità percettive fosse molto importante in qualsiasi orientamento clinico. L’interesse e lo studio dell’integrazione dei livelli funzionali mente corpo ha da sempre accompagnato la mia visione olistica dell’individuo che nasce e si organizza all’interno del proprio contesto culturale e sociale.

L'interruzione del meccanismo integrativo pone in primo piano l'individuo, ovvero il processo integrativo stesso. Il Trauma può rappresentare l'evento predittivo, per eccellenza, di una disintegrazione o di una interruzione tra i sistemi. Nel trattamento dei disturbi post traumatici, l’attenzione ai processi percettivi e dissociativi della coscienza ha assunto un ruolo principale ed inevitabile. Le percezioni corporee degli stati dissociativi, le percezioni sinestesiche delle memorie traumatiche, divengono le basi da cui procedere verso l’integrazione e la risoluzione della sofferenza della persona. Dipinto di Lita Cabellut

  • Immagine del redattore: Paola Foggetti
    Paola Foggetti
  • 26 ago 2018
  • Tempo di lettura: 2 min

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"Mentre cammini alza lo sguardo e osserva quello che vedi intorno a te: persone, case, palazzi, alberi, animali ...

poni attenzione ai colori e prova a ricordarli

Appunta tutto quello che vedi, forse scoprirai qualcosa "

"E se non vedo nulla?"

"Allora inventa"

...

L'indicazione di compiere dei movimenti del corpo, e nello specifico, di riattivare la motricità oculare, può favorire, in persone che soffrono di una profonda tristezza, sono abuliche, o sono scoraggiate, la comparsa di pensieri positivi, aperti alla speranza di una motivazione personale.

Tuttavia non è così semplice, i meccanismi che ne sono alla base possono essere letti sul piano neuropsicofisiologico e secondo la teoria dei sistemi motivazionali interpersonali (Liotti, 1991-2017).

Lo sguardo è il primo processo cognitivo ed emozionale (Ruggieri, 1987-2013), e già nella prima infanzia rappresenta un pattern mimico-espressivo attraverso il quale il bambino si pone nell'interazione con l'altro e con l'ambiente (Aringolo, Foggetti 2009).

Da un punto di vista psicofisiologico (Ruggieri, 1987-2013), la motilità dello sguardo coinvolge tutta la muscolatura fronto-oculare e peri-oculare e il conseguente orientamento dello sguardo e la "messa a fuoco" indicano diverse modalità attentive: in uno sguardo "rilassato" l'attenzione è fluttuante, lo sguardo "perso" può indicare un'assenza parziale di attenzione, o ancora in uno sguardo "fisso" l'attenzione è focalizzata verso contenuti interni o esterni, ma in questo caso i pensieri e le immagini sono fortemente selettivi e non permettono di notare altro, e così via.

Una condizione psicopatologica la possiamo osservare quando tutte le dimensioni attentive, in un tempo sufficientemente lungo, risultano iper o ipoattivate, in modo da "cristallizzare" la visione che abbiamo di noi stessi e del mondo.

Per esempio, nella sofferenza depressiva, propriamente detta, talvolta la persona ha grandi difficoltà di movimento, lo sguardo è "spento", senza nessun accenno di ricerca visiva ed i pensieri rimangono cristallizzati in un aurea negativa. E' forte il senso di sconfitta, di incapacità personali, e domina il senso di sottomissione nei confronti delle negatività delle vita, quindi senza speranza per il futuro. Lo sguardo delle persone depresse è focalizzato verso i propri contenuti interni, che sono spesso di fallimento, di perdita, di deprivazione affettiva e di abbandoni.

In un approccio integrato mente corpo, mobilitare lo sguardo verso un presente osservabile e desiderabile può rappresentare un progetto psicoterapeutico da percorrere insieme.

  • Immagine del redattore: Paola Foggetti
    Paola Foggetti
  • 8 ago 2018
  • Tempo di lettura: 1 min

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Fobia del buio. Anche gli adulti possono avere paura del buio.

Le cause, o motivazioni, possono essere diverse. Importante tener presente i diversi contesti percettivi: se abbiamo paura del buio totale, il buio pesto, come si dice, la reazione psicofisiologica è di tipo primordiale: non vediamo nulla, non possiamo difenderci, quindi abbiamo paura perché siamo totalmente vulnerabili. Ci troviamo in uno stato di parziale deprivazione sensoriale, che immediatamente attiva dei segnali di allarme. Se in quel momento riusciamo a razionalizzare, a fare un'analisi del contesto e a riflettere, in pochi istanti troviamo una soluzione per tornare alla luce. I restanti sensi si acuiscono per aiutarci ad muoverci e ad orientarci in mancanza di visibilità. Ma in questo caso non si può certamente parlare di Acluofobia.

La fobia del buio si presenta, invece, quando la persona ha una reazione ansiosa acuta e violenta se esposta al buio anche solo parziale, la sintomatologia è ampia e pervasiva: tachicardia, senso di soffocamento, paura di morire o di impazzire, agitazione motoria o irrigidimento muscolare, etc. In alcuni casi si possono aggiungere sintomi dissociativi o dispercettivi, come sentirsi estraniati dal proprio corpo, formicolii, ma anche illusioni ottiche, come intravedere immagini terrifiche o immaginare di sentire voci spaventanti (questi sintomi non vanno confusi con le allucinazioni vere e proprie uditive o visive).

Le persone che, in età adulta soffrono di Acluofobia, nella maggior parte dei casi, ne hanno sofferto fin dall'infanzia. Le cause possono riferirsi ad una predisposizione temperamentale e/o ad una mancata risoluzione di problematiche di tipo ansioso o traumatico.

Non abbiamo paura di far luce sulle nostre angosce ed emozioni inespresse, lasciamoci aiutare.


foto by paola foggetti

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